di Gennaro Fiorentino

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Pietro Germi è stato un eclettico regista cinematografico, non disdegnando però ruoli di attore o produttore. Nato a Genova nel 1914, è morto a Roma nel 1974 a soli 60 anni. La sua filmografia pur non essendo lunghissima, si lascia notare per la varietà dei generi che spaziano dall’indagine sociale alla commedia all’italiana, passando per il giallo. Difficile conferirgli un’etichetta ben precisa. Per lui è stato coniato la singolare definizione: regista post neo realistico. Per dare un’idea dell’originalità del suo stile, si pensi alla saga “Amici miei”, frutto della sua inventiva che purtroppo non riuscì a realizzare di persona a causa della sopraggiunta morte.

A noi appassionati il suo volto e la sua direzione sono noti, per il film “Il ferroviere” (vedi articolo su questo sito) che, tra i riconoscimenti ricevuti, risulta al 15° posto dei 100 più bei film di treni. Poiché questa classifica è stata redatta dalla prestigiosa rivista americana “Train magazine”, mi sembra un merito più che apprezzabile. Grazie ad una recente pubblicazione dedicata alla storia tramviaria dei quartieri a sud di Roma, ho riscoperto il film di cui ci occupiamo, perché riserva non poche citazioni ed immagini ferrotramviarie per uno studio ragionato della storia dei trasporti. Correva l’anno 1951 ed in un contesto di grande miseria, morale e materiale, vi si narra delle vicende di quattro scalcinati complici che per tacitare la loro inedia, si alleano per rapinare l’incasso dello stadio. Secondo facili previsioni dettate dalla loro improvvisazione, non si potranno godere il frutto del loro crimine facendo tutti una brutta fine. L’ideatore del colpo è Guido Marchi, un pittore fallito che in antitesi con la sua inclinazione artistica, vanta un’apprezzabile mente criminale. Il ruolo è ricoperto da Paul Muller, un attore di origine svizzera che ha girato in Italia oltre cento film. I più lo ricorderanno per la parte di direttore “gran mascalzon” in alcuni film di Fantozzi.

Guido trascinerà nell’avventura Paolo (Renato Baldini), un ex portiere di calcio che ha visto la sua fulgida carriera fallita causa un infortunio sul campo; Luigi (Fausto Tozzi), un operaio disoccupato con la moglie Lina (Cosetta Greco) e la figlia a carico; Alberto (Enzo Maggio - solo omonimo del più noto attore napoletano) un giovane studente figlio di un artigiano. La rapina riesce. Guido cercherà di sottrarre il malloppo ai suoi compari ma a sua volta sarà rapinato ed ucciso da alcuni personaggi più cattivi di lui che l’avevano illuso con la proposta di un espatrio. Alberto, preso da un senso di colpa, abbandonerà la seconda valigia in una fontana pubblica. Finirà con l’essere arrestato sul cornicione di casa. Paolo, pur recuperando il prezioso bagaglio dalla fontana, sarà denunziato e fatto arrestare da Daniela (Gina Lollobrigida), una escort di alto bordo, che egli riteneva di poter riconquistare.

Ed infine Luigi, tentando una improbabile fuga con il tramvetto suburbano, sarà messo in fuga dal controllore insospettito da una banconota di rilevante valore proposta per pagare il modesto biglietto. Preferirà spararsi sotto gli occhi inorriditi della moglie e della figlia. Questo è in sintesi il soggetto che si deve allo stesso Germi oltre che a F. Fellini ed a Comencini; insomma autori blasonati. La pellicola vinse il premio come miglior film italiano al festival di Venezia del 1951. Ma vediamo i motivi di particolare attrattiva esibiti in diversi frame. La prima immagine ci mostra una veduta del vecchio stadio di Roma, il cosiddetto “Stadio Nazionale”. Pur consapevole che non vi siano oggetti che si possano riferire al mondo dei trasporti, ho ritenuto inserire questo frame ritenendolo di grande interesse.

L’ingresso monumentale dello Stadio Nazionale mentre poliziotti e passanti tentano l’inseguimento dei banditi in fuga.

Nell’economia della trama, si mostra il trafelato inseguimento dei rapinatori da parte delle forze dell’ordine mentre si svolge la partita di calcio. Lo Stadio Nazionale, per un periodo chiamato stadio del fascismo, si trovava tra il quartiere Flaminio e Parioli. Si dovette alla matita del noto architetto Piacentini che lo inaugurò nel 1911. Poteva ospitare oltre 40.000 spettatori. Con alterne vicende giunse agli anni ’50 del secolo scorso, quando si provvide ad abbatterlo per lasciare posto al nuovo stadio, tuttora vigente, detto Stadio Flaminio. La nuova struttura fu inaugurata nel 1959 per un impiego opportuno durante i Giochi Olimpici del 1960.

Passiamo alla seconda veduta per osservare il passaggio di una elettromotrice della Roma-Nord in località Via della Fonte dell’Acqua Acetosa. Nel contesto della storia, i banditi, fuggendo a piedi, decidono di dividersi. Il giovane Alberto con la valigia che poi lancerà nella fontana, si porta sulla strada ferrata rischiando di finire sotto il treno. Nel capitolo che tratta la drammatica fuga di Luigi con moglie e figlia, l’azione si sposta nella zona di Ponte Casilino, con la sua ricca offerta di spunti di visione.

Un elettromotrice della Roma Nord sta per impegnare il tunnel diretto al terminale di Piazza Flaminio.

Non molto da dire sull’affacciata dal ponte sulla ferrovia se non l’interessante immagine di un convoglio passeggeri in uscita da Roma Termini con il suo possente E428 prima serie, al traino.

Convoglio passeggeri delle FS in transito a ponte Casilino.

Il quartiere fu caro al regista Pietro Germi. Infatti la foto seguente mostra la stessa inquadratura che rivedremo nel film successivo “Il ferroviere”. Qui al posto di Silva Koscina, c’è l’attore Fausto Tozzi con la figlioletta. E proprio come nel film successivo, passa una Mater sui binari tramviari ATAC. La sfortunata famigliola in fuga verso un’ipotetica destinazione sicura, si porta alla non lontana fermata del tramvetto in Piazza Pigneto.

Ponte Casilino con una Mater in transito.

Si tratta di immagini della leggendaria Roma-Fiuggi che in seguito sarebbe stata affossata accanto alla linea FS. In questo primo tratto il trenino svolgeva anche servizio urbano fino a Grotte Celoni, espletato con materiale leggero.

Miniconvoglio in servizio urbano in transito da Pigneto.

I tre nella loro disperata fuga, prendono posto sulla corsa trainata dall’elettromotrice 427.

Elettromotrice 427 alla fermata di Pigneto.

 

Costruita nel 1930 presso le Officine Sociali di Centocelle dell’azienda esercente Stefer, era destinata insieme alla sorella 428, al servizio urbano. A tal fine era provvista di sola III classe. Nell’ultimo frame si assiste alla fuga dal treno di Luigi, inseguito da un carabiniere presente tra i passeggeri.

Bella veduta della campagna romana mentre il fuggitivo abbandona il treno.

La sua caduta rovinosa in una campagna prossima all’incombente urbanizzazione, sarà l’epilogo del dramma. Insomma un film che per genere e stile appartiene ad altri tempi. Lo raccomando tuttavia a coloro che attraverso la pellicola, intendano documentarsi su un periodo storico di grande disagio e povertà.

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